Una città che cresce in modo disordinato e consumando suolo: così possiamo, in poche parole, riassumere il fenomeno dell’urban sprawl, detto anche città diffusa.
Questo particolare fenomeno urbanistico si presenta nelle zone periferiche delle città, e associa all’espansione urbana incontrollata in queste aree il fenomeno della bassa densità abitativa.

Esempio di quartiere diffuso a Le Beausset (Francia)
Non di rado ormai anche in Europa è diventato frequente osservare come molte periferie delle grandi città siano interessate da questo fenomeno della città diffusa.
Complice anche il costo inferiore del terreno, la tendenza è sempre più quella di allontanarsi dal grande centro urbano, restando comunque all’interno del cosiddetto “hinterland”, che diventa disseminato di agglomerati urbani sparsi, senza una apparente pianificazione.
Le conseguenze dell’urban sprawl (o “città diffusa”)
I principali effetti negativi dello sprawling urbano sono, oltre alla mancata pianificazione dell’espansione della città, l’elevato consumo del suolo a fronte di una scarsa densità abitativa.
Va da sé, che questi fattori non giovino minimamente all’ambiente e al contenimento del consumo energetico, così importante per la salvaguardia del nostro Pianeta.
Nei secoli, la città storica si è distinta per il suo insediamento accentrato intorno ad un punto nodale, solitamente di interesse commerciale o difensivo. Intorno ad esso la città si costituiva ed evolveva, ma sempre con una densità abitativa molto elevata. Dalle insulae romane (“isole romane”, paragonabili alle case popolari) ai moderni edifici multipiano.
Il desiderio e la ricerca individuale di una dimora più “isolata” ha fatto in modo che la città si espandesse nel territorio circostante con nuove abitazioni in modo disorganizzato.
Oltre ad un notevole consumo di suolo, non più ammissibile in tempi moderni, questa diffusione crea inoltre i cosiddetti quartieri dormitori. Parliamo di quei pezzi di “città” sprovvisti perfino di minimi servizi, in genere costituite da abitazioni servite da strade vicinali e niente altro.
È intuitivo comprendere che tutto questo non ha nulla a che vedere con il vero concetto di città.

La città diffusa con in lontananza la città compatta (Ankara)
Bisogna infatti a questo punto fare un distinguo importante: dispersione urbana, sprawling, non significa crescita. Si tratta invece di un passaggio, dalla città compatta del passato come accennavamo in precedenza, alla moderna città diffusa.
Una città appunto esplosa, diffusa: “sprawl”, termine inglese che meglio rappresenta il fenomeno.
Oltre appunto al fenomeno del consumo del suolo, che già potrebbe essere sufficiente a catalogare questa espansione diffusa come non ecosostenibile, questa esplosione della città porta gli abitanti delle zone a bassa densità a doversi spostare quotidianamente. Di conseguenza, utilizzando spesso auto di proprietà per raggiungere il luogo di lavoro e servizi, dislocati all’interno della città compatta, si ha la tendenza ad incrementare l’inquinamento atmosferico da polveri sottili.
Le sfide sociali imposte dallo urban sprawl
Le conseguenze di tutto questo sono evidenti. Da una parte, come già più volte evidenziato, i problemi di sostenibilità ambientale; ma non bisogna dimenticare anche le sfide di carattere sociale, che la città diffusa ha portato alla luce.
I nuovi stili di vita, plasmati o determinati dalla dispersione abitativa, sono spesso caratterizzati dallo smarrimento del senso di appartenenza e di identificazione con i luoghi. I nuovi quartieri dello sprawl urbano rischiano di isolare gli abitanti dal resto della città. Questi quartieri diventano, in questo caso, delle vere e proprie “città nella città”, in cui gli abitanti non si sentono più legati ad un luogo.

Uno squarcio di New Jersey dall’alto: un evidente esempio di sviluppo di “urban sprawl” all’americana
Guida di sopravvivenza allo urban sprawl: possibili rimedi
Per porre fine e in un certo senso anche rimedio al fenomeno, è necessaria un’attenta implementazione delle politiche di pianificazione urbanistica per guidare le città verso uno sviluppo strutturato, che preservi le aree verdi e gli spazi a destinazione agricola.
Insieme a questa previsione, possono essere adottati anche dei rimedi a breve termine per cercare di arginare le conseguenze negative dell’urban sprawl già esistente.
Una di queste soluzioni cerca di porre rimedio al fenomeno di spostamento di massa della popolazione dalla città diffusa verso la città compatta, attraverso l’uso del mezzo proprio.
Da qui si sviluppano i vari sistemi di trasporto, di cui ricordiamo di seguito i più usati:
– Carsharing, ovvero la condivisione dell’auto per spostarsi dall’abitazione al luogo di lavoro, diminuendo l’afflusso delle auto in entrata nella città;
– Il bikesharing, che permette il noleggio della bicicletta per raggiungere dei punti di interesse evitando l’immissione dell’automobile in città.
Annullare il fenomeno è pressoché impossibile, ma è fattibile mitigarne gli effetti, evitando che lo sprawling proliferi ulteriormente.
Ciò può essere attuato solo tramite attente politiche di pianificazione urbanistica, che riportino il trend verso la città compatta e la maggiore densità abitativa, per anni tanto “demonizzata”.
Non è un caso se la città storica ha saputo, nei secoli, evolversi e adattarsi ai tempi, senza perdere la propria identità. E’ la dimostrazione di un modello insediativo funzionale, cosa che non si può dire altrettanto per la città diffusa.
La città compatta è una città concentrata, come suggerisce la definizione stessa, con relazioni complesse ma ridotte. Ciò permette una gestione più semplice della mobilità, e che porta alla conseguente diminuzione degli sprechi energetici e all’abbattimento dei consumi.
Inoltre, come già detto, questo modello di città non affida il suo funzionamento esclusivamente al mezzo di locomozione privato, come avviene nella città diffusa, ma favorisce ed implementa l’uso della viabilità pubblica.
Questo modello di città, che altro non è che l’evoluzione del modello storico, propone al suo interno tutte quelle caratteristiche d’integrazione fra urbanità e infrastrutture che sono diventate estranee nella città diffusa.
Ed è proprio questa estraneità il motivo per cui l’urban sprawl finisce per ridursi ad un agglomerato residenziale, privo di regole e pianificazione.
Effetti negativi dello urban sprawl: pubblicazioni
Grande sensibilità agli effetti negativi dello urban sprawl viene dedicata dal Journal of Environmental Economics and Management, periodico accademico di economia ambientale edito da Elsevier. Il giornale, diretto da Roger H. von Haefen (professore di economia agraria all’università della Nord Carolina) e da Till Requate (professore di New Institutional Ecoomics alla CAU, Università di Kiel), esperti internazionali in materia di “economia e green”, pubblica articoli teorici ed empirici dedicati a risorse naturali e questioni ambientali.
Altra pubblicazione di una certa rilevanza nel settore è “Land Use Policy”, rivista online interdisciplinare che si occupa in ogni aspetto dell’uso del suolo urbano e rurale. Entrambe hanno la volontà di fornire indicazioni utili e orientamenti a governi e istituzioni che si occupano di architettura e ambiente.
L’urban sprawl in Svizzera e in Italia
Il fenomeno dello urban sprawl, inizialmente nato in America già agli inizi degli anni Sessanta del Novecento, negli ultimi anni si è purtroppo ormai diffuso in tutta Italia e in un ampio bacino del Canton Ticino, coinvolgendo così la parte settentrionale della Svizzera.
Soltanto gli elementi naturali (le valli circostanti, come il valico del San Gottardo) riescono a mitigare questo evento.
L’urban sprawl ha acquisito proporzioni di notevole entità: dagli anni Cinquanta a oggi sono andati persi quasi 8 milioni di ettari di superficie agraria. Una superficie, per dare delle proporzioni, estese quanto la regione Lombardia, Sicilia e Sardegna messe insieme.
Fino agli anni Novanta, per di più, il consumo di suolo procedeva parallelamente alla crescita demografica e al proliferare dell’industrializzazione. A metà degli anni Novanta, invece, la crescita della popolazione si è arrestata, e lo sviluppo economico ha iniziato ad avere i primi segnali di rallentamento. Eppure, nonostante questi fenomeni, il consumo del suolo ha avuto una notevole accelerazione.
Leche Park Residence: un esempio “contro” lo “urban sprawl”

Leche Park Residence
Proprio nel contesto dello sprawl urbano in Svizzera e Italia, lo studio Mino Caggiula Architects ha concluso nel 2017 la realizzazione del complesso abitativo Leche Park Residence, nella città di Bellinzona (Canton Ticino). Con questo progetto si è andati in controtendenza allo sprawl urbano, contro le piccole-medie volumetrie che ricoprono il paesaggio ticinese a discapito di aree verdi e spazi aggregativi disegnati.